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  • Martedì 9 agosto 2022

C’è un grosso caso di spionaggio politico in Grecia

Dopo che si è scoperto che i servizi segreti controllavano il telefono di uno dei leader dell'opposizione

Il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis al Parlamento Europeo a Strasburgo (AP Photo/Jean-Francois Badias)
Il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis al Parlamento Europeo a Strasburgo (AP Photo/Jean-Francois Badias)
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Il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis, di centrodestra, lunedì ha cercato di chiarire con un messaggio televisivo la posizione sua e del suo governo su un grave scandalo di spionaggio politico che lo ha coinvolto la scorsa settimana, dopo che Nikos Androulakis, il leader del Partito Socialista, aveva denunciato di essere stato intercettato per mesi dai servizi segreti greci.

Venerdì il capo dell’intelligence greca e il segretario generale del primo ministro (cioè uno dei principali collaboratori di Mitsotakis, oltre che suo nipote) si erano dimessi, mossa che era stata vista come un’ammissione di colpa. I servizi segreti in Grecia dipendono direttamente dall’ufficio del primo ministro, per scelta di Mitsotakis: fu uno dei suoi primi atti di governo. Lo spionaggio di un rivale politico è quindi diventato subito un caso importante, che sta mettendo in pericolo il governo. Mitsotakis si è difeso sostenendo di non saperne niente, e incolpando i servizi.

Androulakis, europarlamentare eletto capo del Partito Socialista (PASOK) nel dicembre 2021, ha raccontato di essere stato avvertito proprio dalle autorità europee che il suo telefono era stato messo sotto controllo con il malware Predator, un software che permette non solo di accedere alle conversazioni, anche criptate, ma che può attivare registrazioni audio e video per spiare chi lo sta utilizzando. È una tecnologia evoluta e molto costosa, difficilmente disponibile per privati, ma utilizzata da servizi segreti governativi.

La denuncia di Androulakis, capo del partito storicamente rivale di Nuova Democrazia di Mitsotakis e oggi terza forza del paese, seguiva quelle di due giornalisti greci, a loro volta spiati dal governo: uno lavora nell’ambito delle notizie finanziarie, l’altro si occupa di migrazioni.

Dopo un iniziale tentativo di negare un coinvolgimento, le responsabilità dei servizi segreti sono diventate chiare. Alcune fonti governative hanno ammesso che il telefono di Androulakis fosse stato messo sotto controllo, ma sotto richiesta di servizi segreti stranieri, che secondo la stampa greca sarebbero quelli dell’Armenia e dell’Ucraina. Le fonti dei media greci parlano anche di connessioni con la Cina, ma queste spiegazioni sono state immediatamente considerate deboli e traballanti, anche perché non è chiaro perché i servizi greci dovrebbero spiare un proprio cittadino per conto di altri paesi. L’Armenia e l’Ucraina hanno già smentito il proprio coinvolgimento.

Venerdì la prima risposta del governo sono state le dimissioni del capo dei servizi segreti (EYP) Panagiotis Kontoleon e di Grigoris Dimitriadis, suo segretario generale e considerato il suo primo assistente. Le dimissioni non hanno placato le polemiche: il principale partito di opposizione, Syriza, ha chiesto le dimissioni di Mitsotakis.

Nel suo messaggio televisivo di lunedì, Mitsotakis ha negato ogni coinvolgimento personale, ha detto di avere appreso dello spionaggio ai danni di Androulakis solo qualche giorno fa, e che il controllo del suo telefono era cominciato prima che Androulakis diventasse capo del PASOK. Ha definito l’operazione dei servizi segreti «formalmente e legalmente adeguata, ma politicamente inaccettabile». Mitsotakis ha anche annunciato una riforma dei servizi segreti, con maggiori controllo e trasparenza.

Le spiegazioni non hanno convinto le opposizioni e gran parte dell’opinione pubblica, ma non è ancora chiaro se lo scandalo porterà a una crisi.

Anche se Nuova Democrazia è stabilmente il primo partito per consensi in Grecia, Mitsotakis dovrà affrontare il prossimo anno una complicata campagna elettorale per la rielezione, difficile anche in virtù della nuova legge elettorale, che difficilmente consentirà a Nuova Democrazia di arrivare alla maggioranza anche in caso di successo elettorale.