Perché il disegno di legge “Sicurezza” è diventato un decreto-legge
Lo ha deciso il governo con una mossa assai irrituale, togliendo al parlamento un provvedimento su cui c'erano state lunghe discussioni

Venerdì il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge “Sicurezza”, che contiene diverse misure sulle forze di polizia, sull’ordinamento delle carceri e in generale sulla pubblica sicurezza. Il testo del decreto riprende ampie parti di un altro provvedimento che il governo aveva già approvato nel novembre del 2023: in quel caso era un disegno di legge, e in quanto tale era stato trasmesso al parlamento perché lo discutesse, senza scadenze e con ampie possibilità di modificarlo.
Dopo quasi un anno e mezzo, e vista l’ipotesi molto concreta di altre lungaggini, il governo ha deciso però di fare una cosa assai irrituale: ha di fatto tolto al parlamento quel provvedimento e lo ha riscritto, con alcune leggere ma significative modifiche. Lo ha fatto per una ragione principale, cioè che quel disegno di legge aveva portato a forti dissidi tra i partiti di maggioranza.
Ora che il Consiglio dei ministri lo ha approvato, il provvedimento tornerà di nuovo alle camere, ma visto che è diventato un decreto-legge dovrà essere approvato entro sessanta giorni per convertirlo in legge, e senza che i parlamentari lo possano cambiare se non per aspetti molto marginali (la differenza tra un disegno di legge e un decreto-legge sta qui, tra le altre cose).
Non è una anomalia in senso assoluto, capita che alcuni pezzi di proposte di legge in discussione in parlamento vengano trasferite nei decreti. Succede per questioni di emergenza, oppure quando i parlamentari si accorgono che una determinata iniziativa può integrarsi al testo di un decreto in fase di preparazione o già approvato dal governo. Qui invece la procedura è stata più atipica e con pochi precedenti: è stato il governo a riscrivere volutamente, sotto forma di decreto, un provvedimento su cui il parlamento stava discutendo.
Il contenuto non è cambiato molto, ha sempre un impianto securitario, con diversi nuovi reati e misure per aumentare le pene di quelli già esistenti. Allo stesso tempo il decreto ha modificato alcuni degli articoli più controversi che c’erano nel disegno di legge, su cui la presidenza della Repubblica aveva espresso perplessità.
Riguardavano una serie di misure come la possibilità di arrestare le donne incinte o con figli di meno di un anno, che aveva un chiaro intento discriminatorio nei confronti dell’etnia rom; il divieto di vendere schede telefoniche a persone extracomunitarie che non esibivano il proprio permesso di soggiorno; l’introduzione di nuovi reati per le rivolte in carcere, anche nei casi di disobbedienza passiva; e infine una misura che dava alle agenzie di intelligence la possibilità di chiedere e ottenere dati riservati dalle amministrazioni pubbliche per motivi di sicurezza nazionale, in deroga alle leggi sulla privacy.
Nella conferenza stampa di presentazione del decreto, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha confermato che queste misure sono state tolte oppure attenuate, e ha detto che il governo ha preferito fare il decreto-legge per dare «tempi certi» all’approvazione di un provvedimento che era andato troppo per le lunghe. Sono comunque modifiche che potevano essere accolte anche nel testo originario del disegno di legge in discussione al Senato, senza fare questa specie di decreto “fotocopia”.
La Lega di Matteo Salvini, che si era intestata le parti più radicali del provvedimento, da tempo ne chiedeva un’approvazione in tempi rapidi. Da dicembre, però, dopo che la Camera aveva approvato il provvedimento in prima lettura, le perplessità dei tecnici della presidenza della Repubblica, che già erano state comunicate in via riservata al governo, sono emerse in modo più plateale. A quel punto il disegno di legge, che era all’analisi delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali del Senato, ha portato a discussioni sempre più animate.
Fratelli d’Italia chiedeva di prendere atto delle obiezioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e recepirle. La Lega però si opponeva, e riteneva che se avessero tenuto il punto Mattarella alla fine avrebbe ceduto.
Solo dopo molto tempo i senatori che seguivano il provvedimento si sono accorti invece che la contrarietà di Mattarella non sarebbe venuta meno. Tuttavia a quel punto recepire le modifiche avrebbe comportato una terza lettura: il 15 aprile il disegno di legge sarebbe stato discusso, cioè, dall’aula del Senato, e poi la Camera avrebbe dovuto approvarlo di nuovo, e questo avrebbe richiesto almeno un altro mese. Inoltre, siccome nel frattempo il termine per la presentazione di nuovi emendamenti da parte dei senatori di maggioranza era scaduto, la via più facile per apportare le modifiche necessarie al testo sarebbe stata accogliere alcuni emendamenti dell’opposizione, dando la possibilità al centrosinistra di intestarsi una vittoria politica.
Per questo, a partire da martedì scorso si è deciso di ricorrere alla soluzione del decreto “Sicurezza” che riscrive il disegno di legge “Sicurezza”, approvato nel Consiglio dei ministri di venerdì: giusto in tempo perché Salvini possa esibire il provvedimento al congresso della Lega che si svolgerà proprio questo weekend a Firenze. Alcune delle proposte più drastiche che erano contenute nel provvedimento non ci sono più, ma potrà dire di aver ottenuto una approvazione accelerata del testo.
Giorgia Meloni ha fatto questa concessione a Salvini per tentare di smorzare i suoi toni più polemici, specie sui temi di politica estera. La scelta è stata concordata anche con la presidenza della Repubblica: negli uffici giuridici del Quirinale riconoscono l’irritualità della procedura, ma ritengono che il compromesso sia utile a sanare un conflitto che va avanti da mesi, e a scongiurare il rischio che il provvedimento mantenesse gli elementi più problematici.